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B CRITIC – Il mondo della progettazione raccontato da Carlo Branzaglia

"La prassi progettuale va aggiornata per affrontare tempi di cambiamenti repentini, e imprevedibili. Ci vuole immaginazione, pragmatica, che colga gli spunti antropologici e i suggerimenti provenienti da mondi che il design conosce". Il pensiero di Carlo Branzaglia

Gli interni ad uso domestico e lavorativo hanno subito una ridefinizione causata da mutate esigenze sociali e da sempre più rapide innovazioni tecnologiche. Che obbligano oggi ad una accelerazione nella ricerca di ipotesi innovative, determinate dalla emergenza sanitaria e dal suo impatto sulle logiche del cosiddetto smart working. Condizione a cui non sfugge l’ambiente bagno, che negli ultimi decenni ha mostrato una apertura a funzioni non più strettamente legate ad una logica di servizio.

Tale accelerazione si impone anche al mondo del progetto, chiamato a visioni improponibili fino a poco tempo fa. Gli strumenti a tal fine sono insiti nella cultura del design: è la logica del “e se?”, “what if?”, cioè la ricerca di ipotesi su cui costruire soluzioni, che il semiologo Charles Peirce chiamò “abduzione”. Ma, certamente, la prassi progettuale va aggiornata per affrontare tempi di cambiamenti repentini, e imprevedibili.

L’invenzione di corner “uso ufficio” in abitazioni destinate contemporaneamente alla ricreazione dei bambini; l’adattamento di spazi sempre più aperti e transitori, come quelli degli uffici e del lavoro in genere, a inedite logiche di distanziamento; ne sono solo applicazioni evidenti. Dove, come sempre, il design it yourselfpuò diventare spunto progettuale per il designer, quando si comporta come un piccolo antropologo militante nell’osservare l’emergenza di soluzioni spontanee a problemi latenti.

Ma forse oggi al designer viene chiesto qualcosa in più, per armonizzare logiche opposte, ma tipiche della condizione attuale. Per esempio, quella che confronta la stanzialità (testata duramente in tempi di lock down) al nomadismo, che riporta a una condizione chiave della storia umana, prima della nascita della agricoltura. Oppure, quella che coinvolge una identità psicologica a lungo termine, con i suoi marcatori (dagli organigrammi alle scrivanie) contrapposta alla transitorietà tipica del team working, caratteristica di quelle industrie creative di cui il design fa parte.

Ci vuole immaginazione, pragmatica, che colga gli spunti antropologici di cui sopra e i suggerimenti provenienti da mondi che il design conosce. Ma una immaginazione che si confronti con dimensioni abituati a produrre visioni: quelle scientifiche, quelle letterarie, quelle mediali…  E’ il richiamo che già da decenni è stato rivolto al mondo del progetto e della creatività. Cui oggi è necessario rispondere.

Questo è solo uno stralcio dell’articolo che potete leggere interamente sul numero 319 del Bagno Oggi e Domani (pag. 24). Per accedere all’edizione digitale CLICCATE QUI.