Attualità

PRODUCT meets PROJECT #328 | La visione progettuale di Monica Graffeo

Monica Graffeo, designer e art director, incarna perfettamente il detto “il design migliora la vita”. I suoi progetti, belli ma non sfarzosi, spesso multifunzionali, esprimono sempre una profonda e costante ricerca che mette al centro la gestualità della persona. L'intervista del Bagno Oggi e Domani

Nella doppia veste di product designer e direttore creativo, Monica Graffeo affronta con coerenza tutte le fasi del progetto prodotto, dal concept all’ultimo anello della filiera. Spirito curioso, pragmatico e romantico insieme, si interroga sul rapporto fra tecnologia, benessere e creatività. Ha una visione progettuale che pone al centro la persona e i suoi bisogni reali, indagando i diversi aspetti della vita quotidiana e l’ambiente in cui abitiamo. La sua ricerca sulle abitudini di vita che cambiano e l’attenzione alla percezione sensoriale aprono nuovi percorsi al progetto, creando soluzioni dedicate all’evoluzione degli spazi domestici e di lavoro, luoghi pensati per il benessere fisico, mentale e spirituale di chi li vive. I prodotti creati da Monica Graffeo mantengono nel tempo la loro attualità e il loro appeal: qui a seguire proponiamo sia nuove collezioni, sia altre meno recenti e tutt’oggi in produzione.

Qui di seguito un breve stralcio dell’intervista pubblicata sul numero 328 del Bagno Oggi e Domani CLICCA QUI PER LEGGERLA SULLO SFOGLIABILE

Come si è formata ed evoluta negli anni la tua visione di product designer?

Quando ho iniziato a lavorare, negli anni 2000, ero molto focalizzata sul prodotto, nel tempo questo approccio si è un po’ trasformato, soprattutto nel mondo dell’arredamento e dell’oggettistica: il prodotto da solo non vive, quindi ha bisogno di essere raccontato e di vivere con altri oggetti. Il designer è sempre più coinvolto in questo racconto e, come direttore artistico, la mia attività è diventata più globale e il racconto del prodotto comprende catalogo, comunicazione, lavoro sul punto vendita e così via. Nella prima fase ero molto focalizzata sui materiali e sulle loro caratteristiche – che mi hanno sempre affascinato – e sulle caratteristiche estreme di una tecnologia. Nella fase successiva mi sono soffermata di più a ragionare sul senso di una tipologia di oggetto in relazione allo stile di vita in quel periodo. Oggi, per esempio, usiamo una sedia in tanti modi, anche non congrui perché abbiamo un modo di vivere che non è così rigido come ai primi del ’900. Basti vedere come stiamo seduti, le cose che ci portiamo dietro quando ci spostiamo da una postazione di lavoro a un’altra, la sedia per me è un oggetto che accoglie un microcosmo di altri oggetti.

Ti occupi di arredobagno, ufficio, arredo in generale, design for all e oggettistica. Quando progetti fai uno studio preliminare sulle abitudini di vita dell’utilizzatore finale e ti immedesimi in lui?

Pensiamo a un utente finale vicino a noi stessi e alle persone che ci circondano e, quindi, anche al nostro modo di vivere. Un atteggiamento che definisco “empatia”. Secondo Renzo Piano l’architetto deve diventare un po’ il committente di se stesso, deve trasporre la propria visione nella persona che riceverà il progetto. Questa è la scintilla attorno alla quale ragioniamo. È anche vero che c’è un margine di visionarietà, a volte spingiamo in là certi progetti e può accadere che il rivenditore non sia pronto per capirli e raccontarli, oppure l’azienda li tiene in vita per qualche anno per poi proporli con successo al mercato. Nei prodotti per l’ufficio è più semplice perché in genere ci si rivolge agli architetti. Ci piace usare la tecnologia in modo che sia di semplice utilizzo e disegnare prodotti in uno stile asciutto.