Attualità

Il conflitto mette in crisi (anche) la ceramica

Tra le realtà italiane che stanno facendo i conti con questa situazione c’è Simas. Le parole di Marco Rossi, export manager dell'azienda

È arrivato anche per noi il momento di parlare di guerra. Perché inevitabilmente, in una logica socio-economica globale, le conseguenze di un conflitto toccano tutti. In particolare, nel mondo arredobagno c’è un settore che sembra soffrire fin da queste prime battute ed è quello ceramico. Le ragioni sono molteplici. Innanzi tutto c’è il rincaro ulteriore dei prezzi energetici (e del gas in particolare). Poi, non tutti sanno che l’Ucraina è tra i principali produttori di caolino e feldspato, materie prime fondamentali per gli impasti ceramici. Infine, c’è l’export con Russia e Ucraina, che per molte aziende del settore è decisamente rilevante e che oggi è fortemente compromesso.

Tra le realtà italiane che stanno facendo i conti con questa situazione c’è Simas. Dopo l’apertura nel 2019 di uno shop in shop permanente all’interno di Aquarius, noto showroom a San Pietroburgo, l’azienda aveva inaugurato l’anno scorso uno showroom a Mosca (leggi la notizia qui).

“Per noi Russia e Ucraina sono due mercati molto importanti, rappresentando insieme il 20% del nostro export”, ci racconta Marco Rossi, export manager di Simas. “Abbiamo cercato fin dall’inizio di metterci in contatto con i nostri clienti ucraini per capire se fossero al sicuro. Abbiamo anche sentito i collaboratori in Russia. Per quanto riguarda loro la situazione è di completa incertezza. Non sanno più come gestire gli ordini che prevedono spesso pagamenti anticipati e molti istituti bancari non lo consentono più. Inoltre i prezzi sono lievitati e con il rublo il potere d’acquisto è sceso. Ci sono moltissimi punti interrogativi ora e siamo in attesa di capire come si evolverà”.