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ONE TO ONE TO DESIGN #334 | Il soffione Ametis Ring raccontato da Davide Oppizzi

Sul numero #334 del Bagno Oggi e Domani abbiamo intervistato Davide Oppizzi, designer del soffione Ametis Ring by GRAFF. Ecco uno stralcio dell’articolo.

Il soffione Ametis Ring disegnato da Davide Oppizzi, prodotto da GRAFF, vincitore nel dicembre 2014 dell’Interior Design Best of Year Award nella categoria accessori bagno e presentato all’edizione del 2015 del Salone del Mobile, è un progetto decisamente all’avanguardia, che si distingue per il design dalle linee pure e per la presenza della luce, materia che Davide Oppizzi controlla con sapiente padronanza, infatti un’importante caratteristica del lavoro di Davide è la ricerca dell’integrazione tra la luce e l’oggetto.

L a corona circolare che traccia il disegno del soffione è, allo stesso tempo, una forma semplice e inconsueta, ma l’atipicità e la purezza geometrica, catturano l’attenzione e trasformano un oggetto di uso quotidiano in un’interpretazione avveniristica. Il designer ha trasferito in Ametis Ring i suoi studi e la sua passione per la grafia giapponese ottenendo un segno prodotto da un unico gesto perfetto, il cerchio. Lo stesso gesto comunica, con evidente schiettezza, il percorso dell’acqua all’interno del soffione misurando lo spazio e il tempo richiesto dall’erogazione ed esprimendo fisicamente il rapporto tra pieno e vuoto. Davide Oppizzi si è lasciato guidare anche dall’architettura per disegnare il suo Ametis Ring, infatti la sua struttura rievoca, in scala ridotta, un’audace installazione aggettante e fornisce possibili scenari verso cui l’elemento soffione può evolvere.

Il salto verso il futuro rivela un rigore geometrico, essenziale e, al tempo stesso, un carattere sacrale, quasi misterioso generato da un inatteso vuoto materico. Il progetto include molte caratteristiche di ingegneria high-tech e utilizza un sistema di illuminazione a pieno-spettro di cromoterapia LED RGB a 6 colori. Il soffione ha due funzioni distinte, l’utente può passare facilmente dalla funzione “rain”, pioggia, all’impostazione “fall”, a cascata ed è disponibile nelle finiture cromo, bianco materico e nero materico con effetto opaco (realizzate con verniciatura a polvere). Prodotto in acciaio, a garanzia di una lunga durata nel tempo, Ametis Ring integra nell’anello un sistema di illuminazione indiretta, un concept ancora poco utilizzato nel settore arredo-bagno dove si tende ad illuminare più del necessario, dimenticando che la stanza da bagno è anche il luogo del rilassamento a cui vanno associate luci che favoriscono il riposo dei sensi perché, come dice lo stesso Davide Oppizzi, “la luce la senti, non la vedi”.

Davide Oppizzi, ci vuole parlare della concettualizzazione del progetto Ametis Ring?

La concettualizzazione parte sempre da una storia, arrivato un giorno in Graff, un’anziana direttrice mi mise in contatto con la sede di Chicago dicendo loro di avere un bravo designer che lavorava già nel mondo del lusso e che poteva essere la persona giusta per vedere sotto un’altra luce i prodotti che riguardano il mondo dell’acqua. Successivamente incontrai in Italia Ziggy Kulig, Direttore di Graff, a cui piaceva la mia visione e che mi propose di disegnare un oggetto atipico che riuscisse a mettere in risalto la produzione Graff attraverso l’originalità del prodotto. Avendo uno spirito avventuroso, la proposta catturò subito la mia attenzione e accettai subito, anche se non sapevo ancora come si miscelasse l’acqua calda e l’acqua fredda. In effetti non ne sapevo nemmeno di filtri e di miscelatori, ma avevo a disposizione un ampio team di Graff a supporto della mia idea. La mia prima preoccupazione fu quella di dichiarare di essere un appassionato di grey zone, ambiti dove nessuno, fino a quel momento, fosse andato ad esplorare. Quindi cominciai a lavorare sull’idea di sorgente che “nasce in mezzo”, tenendo presente che se in mezzo non c’è niente, l’acqua doveva venire necessariamente da un’altra parte. A quei tempi, era il 2008, seguivo con un maestro degli studi di grafia giapponese nel corso dei quali mi soffermai sull’idea che l’inchiostro contenesse acqua e che l’acqua fosse movimento; mi interessava proprio studiare il percorso dell’acqua all’interno di una materia metallica che fosse in grado di rivelarne il movimento, anche quando l’acqua non scorre all’interno di essa. Questo concetto è paragonabile alle immagini prodotte dai movimenti di una ballerina, ad esempio una curva disegnata con il braccio ci comunica, nello spazio e nel tempo, la forma e la dinamica del gesto. A me piace molto lavorare tenendo insieme entrambe le dimensioni spazio e tempo, scavando fino all’essenza dell’idea che intendo disegnare e non preoccupandomi, almeno all’inizio, degli aspetti tecnologici necessari alla realizzazione di un progetto. Dunque, l’esperienza che facevo a quei tempi con la grafia giapponese era una pratica molto impegnativa, si trattava di disegnare con il pennello un cerchio perfetto con un unico gesto eseguito quasi in meditazione. Dopo aver fatto migliaia di cerchi ho associato all’inchiostro nero il concetto di pieno, la materia, al bianco del foglio quello della non materia, il vuoto: l’anello è arrivato così, dall’ispirazione del cerchio giapponese e da qui ho cominciato a fare schizzi e immagini in 3D tenendo presente che tutto dovesse giocare sull’idea di fluidità e sul movimento.