Il settore oggi conta 248 imprese, 26.000 dipendenti diretti (40.000 con l’indotto) e oltre 6,3 miliardi di euro di export, ma vede la propria tenuta minacciata da un mix di costi fuori controllo e da regole non sostenibili.
Nelle giornate del 2 e 3 dicembre i vertici di Confindustria Ceramica, insieme ai rappresentanti delle principali aziende del settore, sono stati a Bruxelles per una serie di incontri con i principali decisori delle istituzioni europee.
L’obiettivo era spiegare che l’industria ceramica italiana – settore hard to abate, ad altissima intensità energetica e fortemente orientato all’export – in mancanza di interventi urgenti e mirati rischia una crisi sistemica nel giro di pochi anni. Un settore che oggi conta 248 imprese, 26.000 dipendenti diretti (40.000 con l’indotto) e oltre 6,3 miliardi di euro di export, ma che vede la propria tenuta minacciata da un mix di costi fuori controllo e da regole non sostenibili.
Il messaggio portato dalla ceramica italiana è netto: l’attuale configurazione delle politiche climatiche, unita all’esplosione dei costi ETS, sta rapidamente erodendo competitività, capacità di investimento e prospettive occupazionali dell’intero comparto. Senza una revisione immediata di norme, scadenze e strumenti europei, il rischio è la chiusura progressiva degli impianti europei e lo spostamento della produzione in Paesi extra-UE, privi di standard ambientali e sociali comparabili.
La delegazione, accompagnata dal Presidente della Regione Emilia-Romagna Michele De Pascale e da Aurelio Regina di Confindustria, incontra Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione europea, e rappresentanti di primo piano delle istituzioni UE.
Gli incontri si svolgono contestualmente alla Plenaria annuale dell’European Policy Ceramics Forum (EPCF), un raggruppamento che riunisce europarlamentari di diversi Paesi particolarmente sensibili alle criticità dell’industria ceramica europea.
“Il nostro settore – dichiara Augusto Ciarrocchi, Presidente di Confindustria Ceramica – è leader mondiale anche nell’efficienza e nel contenimento delle emissioni grazie a investimenti per 4,3 miliardi di euro nell’ultimo decennio. Ma oggi siamo di fronte a un punto di rottura: l’assenza di alternative tecnologiche realistiche e la dinamica incontrollata dei costi ETS rischiano di cancellare in pochissimo tempo ciò che abbiamo costruito. Il sistema ETS è diventato di fatto una Carbon Tax che soffoca la nostra capacità di investire: in un solo anno, gli investimenti del settore si sono ridotti del 20%, un calo di 80 milioni di euro che equivale ai costi ETS pagati dalle nostre imprese, mettendo a repentaglio competitività e posti di lavoro. Senza correttivi immediati l’Europa finirà per premiare chi inquina fuori dai suoi confini e penalizzare chi, come noi, investe davvero nell’ambiente.”
Ancora più esplicito il monito di Graziano Verdi, Presidente della federazione europea CET: “Senza interventi rapidi e incisivi, il settore ceramico italiano vivrà una crisi analoga – se non peggiore – a quella dell’automotive. In assenza di misure correttive, la concorrenza di Paesi extra-UE privi di qualunque vincolo ambientale diventerà insostenibile. Non chiediamo privilegi, ma regole eque e di buon senso quali una corretta applicazione delle compensazioni già previste, la sospensione dei meccanismi di riduzione delle quote assegnate, un CBAM realmente efficace nel tutelare i nostri prodotti sia sul mercato comunitario che extra UE e l’estensione delle misure equivalenti per le imprese più piccole. Se non agiamo ora, la transizione diventerà un boomerang industriale e sociale di proporzioni enormi.”
“In questi giorni a Bruxelles portiamo la voce di un intero distretto industriale, quello ceramico, che rappresenta un’eccellenza non solo emiliano-romagnola, ma europea – ha dichiarato Michele de Pascale, Presidente Regione Emilia-Romagna –. Di recente abbiamo tenuto un importante tavolo con le Organizzazioni sindacali nella sede di Confindustria Ceramica, un confronto aperto e responsabile che ha ribadito l’urgenza di una strategia condivisa per tutelare imprese, lavoratori e territorio. L’industria ceramica è un settore ad alta intensità energetica, hard to abate, che ha molto investito nella transizione ecologica, riducendo le emissioni e innovando i processi. In Emilia-Romagna possiamo contare su aziende tra le più evolute al mondo, con impianti moderni, digitalizzati, altamente efficienti e sostenibili. Penalizzarle attraverso un sistema normativo sproporzionato, a partire dal meccanismo ETS, significa far perdere competitività a chi ha fatto per primo e con responsabilità la propria parte, e allo stesso tempo favorire produttori extra-UE – come Cina, India o Turchia – paesi in cui i vincoli ambientali, così come quelli sociali, sono di gran lunga inferiori. Così facendo, si finisce per aumentare le emissioni globali, anziché ridurle, e mettere a rischio migliaia di posti di lavoro qualificato nel nostro territorio. L’Emilia-Romagna continuerà a fare la sua parte, ma da sola non è sufficiente: servono decisioni politiche forti a livello comunitario, per evitare che la transizione si trasformi in desertificazione industriale”.

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